I Film in Concorso
Documentari (lungometraggi)
Behind the Fence
di Tamara Abu Laban | Palestina 2021 | 57’
(arabo, sottotitoli italiano)
Alla fine degli anni ’80, durante la prima Intifada, la gente del campo profughi palestinese di Dheisheh cerca di abbattere muri e segregazione, affrontando le politiche e le restrizioni imposte dall’occupazione. Via via che le persone scendono in piazza nella lotta contro l’apartheid, il film racconta la vita sociale e le storie vissute dietro quella barriera, costruita dall’occupante a fini d’isolamento e di controllo.
Tamara Abu Laban, nata a Betlemme nel campo profughi di Dheisheh, si è laureata all’Università del Cairo in Media e Comunicazione e in Cinema al Red Sea Institute of Cinematic Arts. Il linguaggio cinematografico è per la regista uno spazio culturale che consente di coltivare le proprie passioni, e di realizzare film che mettono in primo piano le storie delle persone coinvolte negli eventi narrati. L’attività umanitaria e artistica, anche per importanti canali televisivi, le è valsa numerosi premi.
Eulogy for the Dead Sea
di Polina Teif | Canada 2022 | 81’
(inglese, arabo, ebraico, sottotitoli italiano)
Eulogy for the Dead Sea racconta la progressiva scomparsa del Mar Morto. Situato al confine con Giordania, Palestina e Israele, nel punto più basso della terra, è noto per le sue acque terapeutiche e le molte specie di fauna selvatica. Grazie al Mar Morto, la Valle del Giordano gode di un clima caldo e di terreni fertili. Ma la deviazione dell’acqua del Giordano e la smisurata estrazione dei minerali, riducono il livello del bacino di 1,3 m all’anno. Il film mira a esplorare le possibilità di dirimere i conflitti internazionali in un’ottica ecologica.
La regista Polina Teif (Minsk, 1989) ha conseguito a Toronto il BFA in studi visivi e semiotica e ha completato alla York University un MFA in Documentary Film Production. Nel 2019 ha partecipato al Doc Institute Breakthrough Program e ha ricevuto il premio Hot Docs Pitch e il Planet in Focus Green Pitch Award. Nello stesso anno ha partecipato al Cannes Doc Corner Canadian Showcase e nel 2020 al Berlinale EMF DocSalon Toolbox Program e al Hot Docs Accelerator Program. Eulogy for the Dead Sea è il suo primo documentario.
The War to Come
di Marco Pasquini | Italia 2021 | 80’
(arabo, sottotitoli italiano)
La guerra che verrà presenta un avamposto dell’esercito regolare siriano, racconta un conflitto permanente, la routine quotidiana della vita in prima linea. Lo scavo delle trincee, i turni di guardia, la pulizia delle armi, le esercitazioni. Le giornate e i discorsi di soldati come Baraq e Zouheir che scorrono lente e ripetitive. La realtà della guerra è diversa da quella immaginata. Scivola in un susseguirsi di azioni e riti militari apparentemente senza fine, in un tempo dell’attesa interrotto da accelerazioni e drammi improvvisi.
Marco Pasquini, regista, produttore, scrittore e direttore della fotografia, dall’inizio degli anni Novanta ha realizzato oltre 120 documentari, in Europa, Stati Uniti, Africa, India e Medio Oriente, su una grande varietà di temi: storie di guerra, crisi e lotte sociali, antropologia e vita marina. Dal 2004 dirige e coordina un progetto di documentazione sui campi profughi palestinesi in Libano e ha diretto documentari come Gaza Hospital (Globo d’Oro 2010 della Stampa Estera come Miglior Documentario), l’importante struttura sanitaria della Mezzaluna Rossa Palestinese. Tra gli altri film: Maputo Dancing Dump (2010), Sguardi superstiti (2007), R-Existence e Saloon al Fidah (2006).
Not Just Your Picture -The Story of the Kilani Family
di Anne Paq, Dror Dayan | Germania/Qatar 2019 | 80’
(arabo, inglese, tedesco, sottotitoli italiano)
Layla e Ramsis, sorella e fratello tedesco-palestinesi, vivono in una piccola città della Germania e affrontano la tragedia che ha colpito parte della famiglia nella Striscia di Gaza assediata. Cercano di ricongiungersi e di venire a patti con il dolore, e ognuno di loro scopre e ridefinisce la propria identità personale e politica.
Anne Paq, fotografa e regista pluripremiata, esperta di diritto internazionale, ha vissuto e lavorato in Palestina per oltre un decennio e dal 2006 è stata membro del collettivo fotografico Activestills. Nel 2016 ha vinto il premio International Photographer of the Year per il documentario-web Obliterated families, sulle famiglie di Gaza distrutte dall’offensiva militare del 2014. Attualmente vive a Parigi.
Dror Dayan, nato a Gerusalemme ma con sede a Berlino e nel Regno Unito, è un attivista politico e un regista. Ha studiato cinematografia alla Film University Konrad Wolf e attualmente insegna produzione multimediale alla John Moores University di Liverpool. Even Though My Land is Burning (2015), che analizza il ruolo degli attivisti ebreo-israeliani all’interno della lotta popolare palestinese in Cisgiordania, è il suo primo documentario.
Ethbet!
di Matteo Ferrarini | Italia/Francia/Belgio 2021 | 73’
(arabo, sottotitoli italiano)
Ethbet!‘, ‘Resisti!’, è lo slogan urlato dai rivoluzionari in piazza Tahrir durante la rivolta iniziata il 25 gennaio 2011. Dieci anni dopo il fallimento della rivoluzione egiziana, il regime di Al Sisi continua a essere responsabile di sparizioni, incarcerazioni e torture. Il film segue la vita di due attivisti, Shaimaa El-Banna e Ahmed Ali, imprigionati sebbene fossero adolescenti e ora in esilio, e di Mohamed Lotfy, che vive ancora al Cairo e dirige l’ufficio della Commissione egiziana per i diritti e la libertà. Tutti intenti a combattere da località site tra Europa ed Egitto, a sensibilizzare a livello globale, evitando la sorveglianza digitale del governo egiziano, a fare pressione sui paesi europei al fine di difendere la libertà di espressione e la democrazia.
Matteo Ferrarini debutta nel 2011 con Jali Road, un progetto indipendente e autoprodotto, girato in Malawi e presentato al concorso 2011 della Festa del Cinema di Roma. Seguono il film Buracos, girato in Brasile nel 2012 e selezionato in numerosi festival internazionali, così come Nar per fer, coprodotto da Small Boss e Decima Rosa, E, infine, nel 2017 realizza L’ultima cattedrale con il contributo dell’Emilia-Romagna Film Commission, MIBACT e del Comune di Modena. Una guida nel mondo delle arti applicate.
Telling my Son’s Land
di Ilaria Jovine, Roberto Mariotti | Italia 2021 | 84’
(italiano, sottotitoli inglese)
Nancy Porsia, giovane giornalista freelance, si reca per la prima volta in Libia nel 2011, quattro giorni dopo la morte di Gheddafi. Trasferitasi definitivamente nel paese per un lungo periodo, è l’unica giornalista internazionale a raccontare, attraverso le tante sfaccettature della dimensione politica, economica e sociale, il travagliato processo di democratizzazione del paese nord africano. Nel 2017, dopo la pubblicazione di una scottante inchiesta sulla collusione della Guardia Costiera Libica con il traffico di migranti, è costretta a tornare in Italia e, tuttora, le viene negato il visto per la Libia e la possibilità di portare avanti i suoi reportage.
Ilaria Jovine, nipote di Francesco Jovine, si laurea in Storia della Letteratura Italiana Contemporanea, studia sceneggiatura cinematografica e si diploma in regia e drammaturgia teatrale. Debutta a teatro nel 2003 con lo spettacolo Fuori Tempo. È autrice di sceneggiature per il cinema, della serie di documentari Hotel Rooms e del documentario Giulietta e Federico. Nel 2012 gira In piazza e inizia le riprese del docufilm Almas en juego. Nel 2014-2015 firma la sceneggiatura del documentario C’era una volta la terra, del corto di animazione Il dono, e scrive soggetto e sceneggiatura del lungometraggio Una vita in cambio. Nel 2018 inizia le riprese di Guerra e madre e nel 2019 è autrice, con Roberto Mariotti, di una graphic novel su Giuseppe Pinelli, di prossima pubblicazione. Attualmente sta lavorando alla sceneggiatura di un lungometraggio di animazione sul tema dell’immigrazione e dello spopolamento delle aree interne centro meridionali.
Roberto Mariotti (Roma, 1969) ha iniziato da autodidatta l’attività di regista e autore. Dal 2002 scrive e dirige cortometraggi di finzione: Libero Professionista, Contratto a Termine, Il piazzista. Nel 2009 partecipa al concept film collettivo Walls and Borders, con la favola animata Shalom. Nel 2014 termina il suo primo lungometraggio, The Italian Dream, un noir social sul tema dell’immigrazione clandestina. Nel 2015 dirige Il dono, corto di animazione scritto da Ilaria Jovine. Nel 2017 termina la post-produzione di Una vita in cambio, liberamente ispirata al racconto Abbi pietà di Bernard Malamud, e il documentario C’era una volta la terra, co-diretto con Ilaria Jovine, sul rapporto ancestrale tra uomo e terra, a partire dagli articoli giornalistici dello scrittore Francesco Jovine (1902-1950). Nel 2018 inizia il documentario Guerra e Madre, dedicato alla figura della giornalista di guerra free lance Nancy Porsia, sullo sfondo della crisi libica.
Toxic Hope
di Salim Saab | Libano 2022 | 41’
(arabo, sottotitoli italiano)
Il concetto di speranza ha ancora ragione di esistere in Libano? Nel corso della storia, la terra dei cedri ha conosciuto crisi, guerre, carestie, rivolte e divisioni sociali ma, nonostante tutto, c’è ancora un barlume di speranza, anche, talvolta, si rivela tossica. Va e viene e non vogliamo più crederci. In Toxic Hope, Salim Saab intervista i libanesi, attivisti, artiste e persino il padre, per conoscere la loro definizione di speranza. Cosa simboleggia la speranza? I libanesi ci credono ancora? Si ripresenterà la speranza emersa durante la rivolta dell’ottobre 2019?
Salim Saab, ex artista rap, regista, giornalista e conduttore radiofonico, lavora come giornalista freelance per diverse riviste e dal 2013 al 2021 ha condotto il programma Aswat El Madina su Radio Monte Carlo Doualiva. Nel 2000 ha dato alle stampe tre album rap, nel 2017 ha diretto e prodotto il documentario Beirut Street, proiettato in vari paesi e festival, nel 2018 ha pubblicato Strong, un documentario sulle artiste di strada del mondo arabo e nel 2020 The October Cedar, un lungometraggio sulla rivolta libanese dell’ottobre 2019.
Women Hold Up Half the Sky
di Mariam Shahin, George Azar | Giordania/Tunisia/Libano 2022 | 71’
(arabo, sottotitoli italiano)
Dal 2011, con l’inizio della primavera araba in Tunisia, le donne hanno avuto un ruolo sempre più importante nel rivendicare cambiamenti fondamentali in ambito giuridico, politico e sociale. In Tunisia, Egitto, Siria, Iraq, Palestina e ora in Iran, le donne sono in prima linea nella richiesta di uguaglianza e di giustizia/di una giusta distribuzione del potere all’interno della società. Il film, attraverso le varie testimonianze, racconta la strada intrapresa dalle donne tunisine negli anni Sessanta per il raggiungimento dei loro obiettivi.
La regista Mariam Shahin, nata nel 1962, laureata ad Harvard, è autrice di Palestine a Guide e Unheard Voices: Women of Iraq on Sanctions and War. Cineasta indipendente, dal 2006 ha prodotto e/o diretto più di 70 documentari. Tra gli altri: Gaza Fixer: A Chronicle of Survival; Intifada Stories; Free Running in Gaza e The New Women of Gaza, Seed Queen.
Waiting for Faraj Allah
di Nidal Badarny | Palestina 2020 | 56’
(arabo, sottotitoli italiano)
Siamo portati dietro le quinte durante la realizzazione di Aspettando Godot di Samuel Beckett, interpretato da un gruppo di giovani palestinesi. Ci vengono presentate una varietà di figure: il regista dell’opera teatrale, gli attori e persone comuni. Tuttavia, mentre ci addentriamo nel set, il film rivela il sorprendente parallelo tra i temi dell’opera e la vita di ciascun personaggio. Tutti aspettano qualcosa: il permesso per costruire una casa, migliori condizioni di lavoro, un ruolo da protagonista in un film. Come in Aspettando Godot, i nostri eroi aspettano qualcosa che potrebbe non arrivare mai.
Nidal Badarny, regista e comico palestinese, nato nel 1984 a Arrabeh, in Galilea, ha fondato e co-fondato nei territori palestinesi del 1948 alcune importanti iniziative cinematografiche e teatrali, come Al Manshar, realizzate solo grazie al supporto della comunità. Ha diretto i film 30th of March (2014) e Villagers (2015). Waiting for Faraj Allah è il suo primo lungometraggio.
Erasmus in Gaza
di Chiara Avesani, Matteo Delbò | Italia/Spagna 2021 | 90’
(inglese, sottotitoli italiano)
Riccardo, un laureando in medicina all’università di Siena, è il primo nella storia a partire per un Erasmus a Gaza. Nonostante mille difficoltà, tra i compagni dell’Università islamica e i feriti di un ospedale di guerra, scoprirà una realtà che non immaginava e metterà alla prova con successo il suo sogno di diventare un medico d’urgenza. Erasmus in Gaza ha partecipato a diversi festival e vinto prestigiosi premi (DIG Award Best Reportage Long; Premi del Jurat Jove DocsBarcelona, Premio AAMOD al Rome International Documentary Festival).
Chiara Avesani, laureata in legge, ha lavorato per uno studio legale internazionale, prima di passare al giornalismo e alla collaborazione con Al Jazeera America, Sky e Netflix. Per la Rai, si è occupata di temi ambientali, ha lavorato in programmi come “Report” e nel 2020 ha contribuito a Senza Respiro, una produzione di RAI DOCUMENTARI sul Covid-19. Con Matteo Delbò, dopo Erasmus in Gaza, ha diretto il documentario Don’t Come Back, ancora in produzione.
Matteo Delbò si è diplomato alla Scuola Nazionale di Cinema. Ha lavorato per il sito del Corriere della Sera”, per MTV NEWS, a seguito di emergenze naturali e delle manifestazioni e rivolte durante le “primavere arabe”, per l’agenzia H24, Al Jazeera English, Sky news. Attualmente, collabora al programma RAI “Report”. La passione per la cultura visuale, dedizione e talento, gli hanno permesso di aggiudicarsi prestigiosi premi: David di Donatello, Premio Ilaria Alpi 2007, Premio Flaiano 2007 e 2015, World press photo 2019.
Documentari (cortometraggi)
3 Logical Exits
di Mahdi Fleifel | Danimarca/Regno Unito/Libano 2020 | 15’
(arabo, sottotitoli italiano)
Nell’estate 2019, Il regista Mahdi Fleifel torna in Libano, al campo profughi di Ain El-Hilweh, per fare visita all’amico Reda, che nel frattempo si è sposato e ha tre figli. Durante questo soggiorno, i rifugiati palestinesi scendono in piazza per protestare contro una legge annunciata dal governo libanese che impone a tutti i ‘lavoratori stranieri’ il possesso di un permesso di lavoro. In mezzo alle proteste, primi segnali di una rivolta generale ancora in corso, il regista riflette, con l’amica sociologa Marie Kortam, sulla situazione di Reda e sulle “uscite” riservate ai giovani palestinesi per far fronte alla vita nei campi profughi.
Mahdi Fleifel, nato a Dubai, vive e lavora tra Danimarca, Inghilterra e Grecia. Laureato alla National Film & Television School del Regno Unito, ha studiato regia narrativa con Stephen Frears e Pawel Pawlikowski. Nel 2010 ha fondato la società di produzione londinese Nakba Film Works con il produttore irlandese Patrick Campbell. Il suo primo lungometraggio, A World Not Ours (2012), ha ricevuto oltre 30 premi. A Man Returned (2016) ha vinto un Orso d’Argento, A Drowning Man (2017) è stato nominato per un BAFTA. Altri film: Xenos (2014), Handshakes for Peace (2015), I Signed the Petition (2018).
The Silent Protest: 1929 Jerusalem
di Mahasen Nasser-Eldin | Palestina 2019 | 20’
(arabo, sottotitoli italiano)
Il 26 ottobre 1929 circa 300 donne arrivarono a Gerusalemme da tutta la Palestina. Tennero una manifestazione silenziosa che attraversò l’intera città con un convoglio di auto, per protestare contro la prevenzione dell’Alto Commissario britannico nei confronti degli arabi durante la rivolta di Buraq. Il 26 ottobre 1929 segna la nascita del movimento delle donne. Il film ricostruisce la storia di quel giorno che anticipa le lotte del presente.
Mahasen Nasser-Eldin, regista e ricercatrice di Gerusalemme, si è laureata alla Georgetown University Washington D.C con un master in studi arabi e un master in regia cinematografica al Goldsmith’s College a Londra. Insegna al Dar al-Kalima University College of Arts and Culture di Betlemme. Nei suoi film racconta storie di resistenza, studiate e rappresentate con cura, che restituiscono nuova vita a figure dimenticate o rimaste ai margini della società. Tra i suoi film, presentati a livello locale e internazionale, On the East Side (2008), Samia (2009), From Palestine with Love (2010), Restored Pictures (2012).
The People’s Patriarch
di Mohammed Alatar | Palestina 2021 | 27’
(arabo, sottotitoli italiano)
Nel 1987 Giovanni Paolo II ha nominato Michel Sabbah, arabo palestinese e cristiano di Nazareth, Patriarca latino di Gerusalemme. È stato il primo Patriarca arabo a coprire tale carica nella storia della Chiesa Cattolica, e il suo lavoro ha consentito traguardi significativi nella lotta contro l’ingiustizia e l’oppressione, al fine di portare la pace nel Paese del Principe della Pace. Il film è presentato come un umile contributo, teso a onorarlo e far luce su alcuni momenti cruciali della sua vita, del suo pensiero e dell’incessante apostolato nel perseguire i valori dell’amore, della giustizia e della pace.
Mohammed Alatar, attivista e ricercatore d’archivio, è uno dei più importanti registi del cinema documentario palestinese. Risale agli anni Novanta la sua formazione negli Stati Uniti e, a partire da quel momento, si dedica alla causa dei diritti umani e alla lotta dei popoli oppressi, che diventano oggetto della sua produzione, trasmessa da molti canali televisivi internazionali. Tutto questo gli ha valso la nomina nel 2002 per il Martin Luther King Jr. Humanity Award. Tra i suoi film: The Iron Wall (2006), Jerusalem the East Side (2008), Broken (2018) e il video art Suffocation (2022).
4000 Voices
di Sajjad Kwaish | Iraq 2020 | 23’
(arabo, sottotitoli italiano)
Umm Assi, una donna di 70 anni, con il volto segnato dalle rughe, attende il ritorno del figlio che è partito per la guerra e non ha ancora fatto ritorno. A distanza di un anno dalla sua scomparsa, Umm Assi durante una visione intravede un lupo che, dal tetto della casa, rapisce il figlio e, da quel momento, crede che lo rivedrà!
Sajjad Kwaish, nato in Iraq nel 1991, nel 2014 si è laureato in giurisprudenza all’Élite College di Baghdad e sempre a Bagdad ha studiato cinematografia all’Iraqi Independent Film Center. Ha collaborato con diversi registi alla produzione di film nell’industria cinematografica indipendente. Il suo primo film sul massacro di Spyker, avviato in Iraq, è stato completato dopo il suo trasferimento a Parigi, dove attualmente risiede e ha prodotto nel 2019 suo secondo film, God’s Face.
Last May in Palestine
di Rabeea Eid | Regno Unito/Palestina 2022 | 20’
(arabo, inglese, sottotitoli italiano)
Il 6 maggio 2021, i palestinesi di Gerusalemme Est diedero vita a dure proteste contro le politiche israeliane di pulizia etnica, in atto nella città e nel quartiere di Sheikh Jarrar. Manifestazioni che, per due settimane, si trasformarono in tutta la Palestina in aperta rivolta. Il giornalista Rabeea Eid fa ritorno in Palestina dal Regno Unito nel maggio 2022, in concomitanza con l’assassinio della giornalista Shereen Abu-Akleh. Apre i suoi archivi e rivive gli eventi documentati a Haifa un anno prima e si interroga sul ruolo del giornalista in situazioni così estreme.
Rabeea Eid, giornalista e scrittore palestinese, ha conseguito una laurea in Scienze Politiche all’Università di Haifa, un master in Media e Studi Culturali al Doha Institute for Graduate Studies e un secondo master in Giornalismo e Pratica Documentaria all’Università del Sussex. Il regista si focalizza sui movimenti di rinnovamento politico e sociale. Last May in Palestine è il suo primo documentario.
Camp Stories
di Wafiq Abdulghani | Libano 2022 | 14’
(arabo, sottotitoli italiano)
Camp Stories getta luce sulla condizione dei rifugiati nei campi profughi. Il giovane Omar sogna di costruire una casa ma il governo libanese non glielo consente, Abu Yazan, siriano palestinese, vende popcorn per sostenere la famiglia. La libanese Samira Ali vive nel campo da 26 anni e ha deciso di continuare a starci e a vendere il pane Saj per curare il figlio malato. Shadi, sognatore disabile, combatte il sistema da solo e spera di diventare un giornalista. I palestinesi che vivono nei campi lottano duramente per vivere e liberare la loro terra.
Wafiq Abdulghani, regista e artista visivo residente in Libano, nato e cresciuto nel campo profughi di Ain-El-Hilweh, si è laureato in Arti della Comunicazione alla Lebanese International University e ha maturato avanzate competenze professionali in campo radiofonico, televisivo e della comunicazione digitale. Realizza su molte piattaforme servizi sui campi profughi, raccontando le condizioni difficili che devono affrontare per sopravvivere.
Sulla loro pelle
di Marika Ikonomu, Alessandro Leone, Simone Manda | Italia 2022 | 20’
(italiano)
I Cpr sono luoghi di detenzione amministrativa assegnati al rimpatrio dei migranti senza permesso di soggiorno. Anche se ufficialmente non sono delle carceri, le condizioni di vita e le morti avvenute al loro interno hanno portato la società civile e varie associazioni a denunciare ripetutamente violazioni dei diritti umani. Sulla loro pelle, vincitore del premio Morrione, affronta le problematiche di questo sistema. Dai rapporti tra i gestori privati e le prefetture alle condizioni di chi dentro quelle strutture ha perso la vita, dando voce al racconto di lavoratori e reclusi.
Marika Ikonomu, laureata in Giurisprudenza, ha frequentato la scuola di giornalismo della Fondazione Lelio Basso. Giornalista multimediale indipendente, collabora con il quotidiano Domani e Witness Journal. Ha pubblicato su L’Espresso, Internazionale, Q Code Magazine. Si occupa di immigrazione e questioni sociali.
Alessandro Leone ha frequentato il master di El País e lavorato a Madrid per più di un anno. Scrive su media italiani e ispanici come L’Espresso, Fatto Quotidiano, IRPI, Il Tascabile, El Salto, AS, El Diario. Fondatore di Brújula Global, è un appassionato dell’America Latina.
Simone Manda, di origini napoletane, è cresciuto a Civitavecchia. Giornalista freelance, dal 2019 ha pubblicato su varie testate, da Altreconomia al quotidiano Domani, e collaborato con alcuni magazine online. Dal giugno 2021 lavora per IrpiMedia come giornalista investigativo.
Al Quds Ramadan Cannon - The Story Behind
di Sahera Dirbas | Palestina 2022 | 26’
(arabo, sottotitoli italiano)
Il film racconta di Raja’i Sandouqa, un palestinese residente a Gerusalemme che porta avanti e tramanda ai figli la tradizione familiare, custodita per 120 anni, di sparare con lo storico cannone durante il mese sacro del Ramadan. Nei territori palestinesi, l’evento è l’unica testimonianza di una tradizione che persiste solo grazie alla perseveranza del gerosolimitano.
Sahera Dirbas, nata a Haifa e residente a Gerusalemme, laureata in ingegneria chimica, ha preferito dedicarsi alla ricerca e al cinema per trasmettere la storia della sua terra e della sua gente. Ha pubblicato due libri sui villaggi di Tirat Haifa, Al Birweh e Salameh, distrutti dai sionisti nel 1948. Ha lavorato come produttrice e regista indipendente per la Rai, BBC e altri canali televisivi e diretto due progetti, volti ad accrescere il potere delle donne palestinesi attraverso il cinema. Tra i suoi film: Stranger in My Home (2007), Una manciata di terra (2008), 138 Pound in My Pocket (2009), La sposa di Gerusalemme (2014), On the Doorstep (2019).
The Gaza Monologues. Ten Years and the Dream Continues…
di Iman Aoun, Yousef Nateel | Palestina 2021 | 20’
(arabo, sottotitoli italiano)
Il documentario segue i giovani autori del progetto di fama mondiale The Gaza Monologues (2010) e, nel raccontare cosa hanno vissuto nella Gaza assediata degli ultimi dieci anni, delinea un prezioso memorandum sull’importanza della speranza e dell’aspirazione a una vita migliore, nonché di un progetto artistico che dà linfa vitale alla solidarietà tra le persone. Gaza Monologues, diretto a distanza, è la prima esperienza di regia di Imam Aoun.
Iman Aoun, regista teatrale, produttrice, attrice pluripremiata, nel 1991 ha co-fondato l’ASHTAR Theatre di Gerusalemme e ha avuto un ruolo fondamentale nel dirigere e ideare diverse produzioni per la compagnia. Formatrice teatrale, specializzata nelle tecniche del Teatro degli Oppressi, ha recitato in 30 produzioni locali e internazionali e diretto 20 opere teatrali. Ha anche interpretato ruoli principali in film e serie TV nazionali e internazionali.
Yousef Nateel, regista palestinese nato nel 1988, ha studiato arte e produzione televisiva al Palestine College for technical studies di Gaza e ha una comprovata esperienza nella gestione esecutiva, e oltre sei anni di esperienza nella produzione di progetti che conciliano qualità e contenuti e che si rivolgono a diversi tipi di pubblico. Ha lavorato come libero professionista e presso PYALRA e Sharek Youth Forum (ONG palestinese), è stato direttore di produzione di Gaza 36mm (2012), diretto da Khalil Mozayen, e responsabile della produzione dei servizi di Sara film (2014). Nel 2016 ha vinto una sovvenzione per il film GazaGraph.
Search
di Alaa Dayeh | Palestina 2022 | 16’
(arabo, sottotitoli italiano)
Il cortometraggio descrive lo stato d’animo della regista, dopo l’interrogatorio e l’arresto da parte delle forze di occupazione israeliana di Gerusalemme. Da quel momento, la casa, la famiglia, le strade, la città, le appariranno in modo diverso. Come se tutto intorno a lei la spingesse a lasciare Gerusalemme e poi la richiamasse indietro. Una situazione conflittuale che ha finito per spronarla a esplorare a fondo, senza soste, il mondo che la circonda.
La regista palestinese Alaa Dayeh, nata nel 1997 a Gerusalemme, in un quartiere della Città Vecchia, preso continuamente d’assalto dalle forze israeliane, si è laureata in produzione cinematografica alla Dar Al Kalima University e al momento lavora come fotografa AD. Tra i suoi lavori, due documentari, un film videoarte e una fiction. La passione per il cinema, e per uno stile sperimentale e fortemente innovativo, come in Exit, le consente di rappresentare i fatti vissuti nella sua infanzia e giovinezza.
Memories of Al Yarmook
di Sophie Welsh | Paesi Bassi/Germania 2022 | 15’
(arabo, tedesco, inglese, sottotitoli italiano)
Il campo profughi Al Yarmook, a Damasco, era noto come la capitale della diaspora palestinese. Distrutto e abbandonato durante la guerra civile siriana, divenne inaccessibile agli ex abitanti. Sophie Welsh ha intervistato alcuni di loro e ne ha documentato i ricordi. Sebbene le storie siano personali, i temi universali dell’identità e della memoria, inseriti nel contesto più ampio dell’esilio forzato e della guerra, rappresentano nel film il fulcro della narrazione.
Sophie Welsh, designer, artista e regista, risiede a Lipsia. È cresciuta in una famiglia tedesco-inglese e ha sviluppato un forte interesse per tematiche quali l’esilio e la migrazione, grazie all’esperienza di volontariato e al vissuto della propria famiglia. Ha studiato alla Leeds Arts University e alla Design Academy Eindhoven, e si è recentemente laureata in Design. Con i suoi documentari, si propone di potenziare la consapevolezza, stimolare empatia e riflessione, e contribuire ad abbattere l’opposizione Noi/Loro.
Film di Finzione
Warsha
di Dania Bdeir | Francia/Libano 2022 | 16’
(arabo, sottotitoli italiano)
Il gruista siriano Mohammad lavora a Beirut e una mattina si offre volontario per salire su una delle gru notoriamente più alte e più pericolose del Libano. Lontano dagli occhi di tutti, riesce a vivere la sua passione segreta e a trovare la libertà.
Dania Bdeir, scrittrice e regista libanese-canadese di origine siriana, ha conseguito una laurea in Graphic Design all’Università Americana di Beirut e un MFA in regia alla Tisch School of the Arts della New York University. Il suo film di tesi, In White, ha partecipato a oltre 30 Film Festival internazionali e ha ricevuto prestigiosi premi. Warsha è stato presentato in anteprima mondiale al Sundance International Film Festival 2022 e ha vinto il Premio della giuria per il miglior cortometraggio internazionale. Attualmente, Dania Bdeir lavora al suo primo lungometraggio Pigeon Wars.
Cigarette
di Lama Naamneh | Palestina occupata 2021 | 30’
(arabo, sottotitoli italiano)
Attraverso l’obiettivo della macchina fotografica di un regista di documentari, accanito fumatore di marijuana, assistiamo alla realizzazione di un film sulla sua famiglia. Una famiglia di sei fratelli (il Musicista, il Politico, l’Atleta, l’Allievo, il Disabile, l’Erudito, una sola Sorella che si preoccupa solo della sua apparenza), Madre e Padre. Una famiglia unita da una perenne forte conflittualità con se stessi e con gli altri. Lo spettatore si chiede fino a che punto si spingeranno le divergenze e se permetteranno al film di arrivare fino alla fine.
Lama Naamneh, attrice, regista teatrale, co-fondatrice e manager di “Kawaliss”, The House of Theatre and Cinema, si è laureata in recitazione e regia all’Università di Haifa. Ha partecipato a diverse tournée teatrali in Francia, a Londra e in Tunisia. Ha recitato al National Theater of Nigeria in due opere teatrali di Wole Soyinka, primo vincitore africano del Nobel per la letteratura. Si è esibita presso la Ebdon University e The National Theater of Sweden. Ha scritto e interpretato il monodramma Choices e diretto le produzioni teatrali Blood Weeding, Macbeth, Fate of a Cockroach, The Executioner and the Convicted to Execution, Les Misérables. Oltre a Cigarette, ha diretto i film Woman and Man, Frame, Guys Talk.
The Pandemic
di Kassem Istanbouli | Libano 2021 | 11’
(arabo, sottotitoli italiano)
Il film The Pandemic ci offre una rapida intensa rassegna dei senzatetto che lottano per vivere durante la crisi del Covid-19.
Kassem Istanbouli, attore libanese nato nel 1986, ha ottenuto una laurea magistrale alla Lebanese University of Fine Arts. È uno dei fondatori dell’Arabic Culture and Arts Network (ACAN) e dell’Istanbouli Theater, nonché creatore e manager del Lebanese National Theater di Tiro e Tripoli e direttore dal 2014 del progetto Tiro Association for Arts (TAA). Dal 2014 guida la riapertura dei cinema abbandonati o distrutti dopo la guerra.
Palestine 87
di Bilal Alkhatib | Palestina 2022 | 14’
(arabo, ebraico, sottotitoli italiano)
Durante la Prima Intifada, Atef viene inseguito dall’esercito israeliano ed è costretto a fermarsi all’ingresso di una casa. L’anziana proprietaria lo accompagna nel bagno, occupato dalla giovane nipote che lo aiuta a non farsi arrestare.
Bilal Alkhatib, regista palestinese di Ramallah, laureato in Media e TV, ha iniziato a lavorare nell’industria cinematografica come cameraman, prima di realizzare la sua passione per la regia. Palestine 87 è il suo terzo cortometraggio, preceduto dai cortometraggi Billiard (2016) e Another Point of View (2018).
Siri Miri
di Luay Awwad | Palestina, 2021 | 5’
(arabo e inglese, sottotitoli italiano)
Due giovani Palestinesi, annoiati, chiedono aiuto a Siri, un assistente virtuale, per poi scoprire che Siri non conosce la situazione della Palestina. Il cortometraggio cattura satiricamente la storia non ancora raccontata di ragazzi, cresciuti nell’era tecnologica e con assistenti poco utili. Con questo cortometraggio, il regista spera di tutelare i racconti della gioventù palestinese e rispondere alla necessità impellente di far sentire le loro voci, colmando il vuoto lasciato dalla falsa rappresentazione dei media. Il titolo del film, un gioco di parole, s’ispira a Siri della Apple e all’espressione palestinese che si traduce approssimativamente con “avanti e indietro” o “su e giù”.
Luay Awwad, scrittore, regista palestinese, ha una laurea in cinematografia. Il breve film Siri Miri è stato premiato come miglior corto al Palestine Cinema Days Festival e al Festival Cine-Palestine a Parigi. Ha lavorato ad altri film, vincitori di premi, come In Vitro e The Present, cortometraggio candidato all’Oscar.
I Never Survived
di Joud Qablawi | Giordania 2021 | 4’
(inglese, sottotitoli inglese)
Il cortometraggio mette in evidenza i sintomi del disturbo da stress post-traumatico (PTSD), tipico di soggetti che hanno vissuto l’esperienza della guerra. I Never Survived s’ispira all’ultima aggressione israeliana a Gaza, ai sintomi post-traumatici, allucinazioni e flashback, riscontrati tra i suoi abitanti e, in particolare, tra i bambini associati a un guscio d’uovo che si rompe, prima di avere la possibilità di schiudersi.
Joud Qablawi, si è laureata nel 1922 in Animazione e Multimedia all’Università di Petra. in Giordania. Lavora come stagista di rigging e animazione 3D presso la Tech Amulets. È una giovane artista impegnata, altamente motivata, entusiasta. Ama usare le proprie abilità per colmare il divario tra modelli 3D e narrazione, ‘umanizzare’ gli elementi di gioco e creare un’illusione di vita. Il cortometraggio I Never Survived è la sua tesi di laurea.
Bantustan
di Mohammad Mansour | Palestina 2021 | 8’
(inglese, arabo)
Bantustan è un breve documentario sperimentale sulle pressioni e sofferenze dei palestinesi che passano le loro giornate tra checkpoint, barriere militari e il muro dell’apartheid. I sionisti hanno separato i territori palestinesi gli uni dagli altri, trasformandoli in piccoli bantustan.
Mohammad Mansour, regista e fotografo freelance, residente a Jenin, ha studiato e si è specializzato in Arte e Produzione cinematografica alla Dar Al-Kalima University College di Betlemme. Ha girato e diretto fiction e cortometraggi.
Yalla
di Carlo D’Ursi | Spagna 2020 | 9’
(arabo, sottotitoli italiano)
Quattro ragazzi giocano a calcio in un’area vigilata da un drone militare. Mufid calcia con forza e la palla si perde dietro una collina. Non sa che recuperarla potrà costargli la vita. Il cortometraggio s’ispira alla storia vera dei ragazzi di una famiglia di fornai, uccisi nella Striscia di Gaza da un drone israeliano.
Carlo D’Ursi, produttore, regista, attore, scrittore, nasce e cresce a Bari, dove si laurea in Economia e Commercio. Al ritorno dall’Erasmus in Spagna, frequenta il MEGA-European Master in Audiovisual Management, a completamento della realizzazione del suo progetto di web-tv locale “Antennasud.com”. Lavora per 2 anni a El Deseo. come aiutante di Pedro Almodovar per i film Mi vida sin mi, Descongelate e La Mala Educación, e viene quindi ingaggiato dal Gruppo Alta Films. Nel 2004 fonda a Bari la Carlo D’Ursi Produzioni e la Potenza Producciones a Madrid, che hanno prodotto cortometraggi e lungometraggi, vincitori di più di 200 premi nazionali e internazionali.
By the Sea
di Wisam Al Jafari | Palestina 2019 | 12’
(arabo, sottotitoli italiano)
Alle prese con l’occupazione israeliana e la pandemia, una donna rimasta sola con il figlio insegue una parvenza di normalità, preparando una torta per festeggiare un’occasione speciale. Ma in circostanze così eccezionali, una semplice ricorrenza diventa una lotta contro tutto e contro tutti per riuscire a mantenere unita una famiglia.
Wisam Al Jafari, nato a Betlemme, nel campo profughi di Dheisheh, ha conseguito il BFA in regia alla Dar Alkalima University e ha lavorato a diversi film come aiuto regista, location manager, assistente operatore e tecnico del suono. Ha diretto cortometraggi di finzione e sperimentali: Congratulations for the New Wall Paint (2017), Without Waves (2017), Mask e Wall (2018), Ambience (2019).
Head Count
di Akram al-Waara | Palestina 2023 | 14’
(arabo, sottotitoli italiano)
Un prigioniero palestinese viene tenuto in isolamento in un carcere israeliano. L’unica sua occasione di contatto umano è quella con le guardie carcerarie che fanno la conta dei detenuti. Ma il prigioniero inizia ad adattarsi alla nuova realtà e cerca con fatica di reagire e segnare il tempo che passa. E, dopo un po’, trova conforto in uno scarafaggio entrato nella sua cella.
Akram al-Waara, giovane regista palestinese, vive e si è laureato a Betlemme, alla Dar Al-Kalima University of Arts&Culture. È nato e cresciuto nel campo profughi di Aida, luogo dal quale trae ispirazione per i suoi film.